Indice

Traduzione dell'originale pubblicato in inglese sul sito web: http://homepages.picknowl.com.au/hepburn/nwt.htm

 

I TESTIMONI DI GEOVA

E

LA TRADUZIONE DEL NUOVO MONDO

O Introduzione

O Giovanni 1:1

O Giovanni 1:3

O Giovanni 17:3

O Efesini 6:4

O Colossesi 1:15,16,17,18

[Nota del traduttore: le citazioni prese dalle pubblicazioni della Watch Tower Society sono: g per Svegliatevi! e w per Torre di Guardia, seguite dall'anno, mese, giorno e pagine, come ad esempio: g81 22/10 11-12; w96 1/12 11 — vedi sotto]

INTRODUZIONE

Quasi senza eccezioni, gli oppositori dei testimoni di Geova [TdG] criticano l’uso che i TdG fanno della versione principale della Bibbia, che è chiamata "Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture" [TNM] Questa traduzione è stata curata e pubblicata dalla "Watch Tower Bible & Tract Society Of Pennsylvania"[WTB&TS]. L’accusa mossa a questa particolare Bibbia è che vi siano state fatte delle considerevoli alterazioni atte a supportare la "teologia" dei TdG e che - a causa di queste – la traduzione sia estremamente inaffidabile per rappresentare la Parola di Dio. Questo saggio prenderà in esame alcune di queste accuse. Userò non solo i testi che sono i più comuni bersagli delle critiche, ma anche altri testi oscuri. Dopo avere fatto una gran mole di ricerche su questo materiale, sono giunto alla conclusione che, nel peggiore dei giudizi, la Traduzione NM è differente ma non sbagliata, mentre, nel migliore dei giudizi, è più accurata di qualche altra traduzione.

 

COMITATO TRADUTTORI DELLA TNM

Una delle critiche più comuni è quella che il Comitato Traduttori sia composto da soli 5 membri, troppo pochi in paragone ad altri comitati di traduzione molto più numerosi. Allora come la mettiamo con altre Bibbie ritenute attendibili benché tradotte da un ‘ unica persona?! Perciò è ragionevole pensare che la qualità di un lavoro non dipende dal numero di persone che lo svolgono.

Un’altra comune obiezione è che nessun membro del Comitato Traduttori della TNM sia da ritenere "erudito" perché non in possesso di un titolo di studio del greco e dell’ebraico biblico, ma che solo uno dei membri ne abbia ottenuto un certo grado di conoscenza. Io non so come stiano veramente le cose. Ma si può ragionevolmente dire che questi fattori rendano la TNM inaffidabile? La risposta degli oppositori è scontata. Perciò, caro Lettore, sta a te trovare una risposta onesta.

Certi oppositori asseriscono che F.W. Franz sia uno dei membri del Comitato (non posso dire il contrario, perché non lo so).

Una delle più comuni accuse fatte dagli oppositori per travisare intenzionalmente i fatti è che Franz abbia affermato – sotto giuramento in una corte civile – di non essere in grado di parlare l’ebraico e di non saper tradurre un particolare testo. Sfortunatamente gli autori di queste mistificazioni non danno tutti i dettagli su quanto è stato dibattuto nell’aula del tribunale.

La causa a cui si fa riferimento è "Douglas Walsh contro l’Onorevole James Latham Clyde, M.P.,P.C., rappresentante del Ministro del Lavoro e dei Servizi Nazionali, controinterrogatorio di Frederick William Franz, p. 102 (Scotland, 1954)". Qui di seguito è riportata una parte di questo dibattito. (I caratteri in corsivo sono aggiunti)

Interrogante: "Lei legge e parla l’ebraico?"

Franz: "Non parlo l’ebraico."

Interrogante: "Dunque non lo parla."

Franz: "No."

Interrogante: "Lei è in grado di tradurre questo passo in ebraico?"

Franz: "Quale?"

Interrogante: "Genesi capitolo 2, versetto 4."

Franz: "Lei intende dire qui?"

Interrogante: "Sì."

Franz: "No. Non intendo nemmeno provarci."

Questo dibattito (o parte di esso) riportato negli atti del tribunale è spesso usato per sostenere che Franz e gli altri membri del Comitato non abbiano avuto conoscenza dell’ebraico e del greco biblico.

E’ doveroso rimarcare in primo luogo che a Franz è stato domandato se sapesse leggere e parlare l’ebraico. Egli ha risposto di non saperlo parlare, ma non ha detto di non saperlo LEGGERE. In secondo luogo, leggendo le copie degli atti che ho avuto dagli oppositori ho potuto notare che la risposta all’ultima domanda non è completa. Viene tralasciata la frase "Non intendo nemmeno provarci". Questo dà l’impressione che Franz stia dicendo semplicemente "No", nel senso che non è in grado di tradurre Genesi 2:4. Ma ora riesaminiamo la domanda. Gli è stato chiesto di tradurre dall’inglese in ebraico (non dall’ebraico in inglese come vorrebbero far credere certi oppositori). Vogliate notare questo commento di William Sanford LaSor in Handbook of Biblical Hebrew, Vol 1 (Grand Rapids: Eerdmans, 1978)3 [Manuale di ebraico biblico] "Francamente, la maggior parte di noi insegnanti di ebraico biblico non abbiamo sufficiente scorrevolezza per parlarlo o tradurre in questa lingua".

Gli atti del tribunale relativi al controinterrogatorio a p. 7, par. A, riferiscono che Franz ha affermato "di avere acquistato dimestichezza con l’ebraico e di poter leggere correntemente la Bibbia ebraica".

(Stafford, Apologia dei Testimoni di Geova, p. 335). Ricordate che Franz ha detto di non sapere parlare l’ebraico, e la maggior parte degli insegnanti di questa lingua hanno difficoltà a parlarla.

Pertanto è ragionevole concludere che gli atti del tribunale non provano affatto che il Comitato Traduttori non sia stato all’altezza del compito.

A questo proposito vorrei dire qualcosa che mi riguarda personalmente per chiarire meglio il concetto. Sono stato addestrato e ho lavorato come contabile delle pubbliche imposte. Questo implicava anche consulenza commerciale e fiscale oltre che dichiarazione dei redditi.

In questa professione ho visto persone altamente "qualificate" - in possesso di titoli di studio - essere surclassate da persone prive di qualifica. E’ vero che generalmente una "persona qualificata" ha più che un’idea di un soggetto. Alla fine, i risultati del lavoro individuale rivelano la sua qualità. Per me si può dire la stessa cosa sulla traduzione da una lingua ad un’altra.

Sarebbero troppe le traduzioni inglesi che dovrei mettermi a confrontare, ma mi limiterò ad usarne alcune delle più comuni come, ad esempio, la versione del Re Giacomo, Revised Standard, New International Version, The Living Bible e la Today’s English Version, solo per menzionarne poche. Non sarò io a fare i confronti, ma lascerò a voi la facoltà di farli con le vostre copie personali della Bibbia.

CONCETTI DI TRADUZIONE

Vorrei riferirmi alla prefazione di una traduzione per evidenziare alcuni dei principi che il traduttore ha reputato importanti per una traduzione.

PHILLIPS (Modern English Version)

Fattori essenziali della traduzione

Ogni opera di traduzione dovrebbe superare tre test … Il primo è che non dovrebbe apparire affatto come una traduzione…Il secondo è che il traduttore dovrebbe operare con la minima intrusione possibile della propria personalità. Il terzo è che un buon traduttore dovrebbe essere in grado…di produrre nei cuori e nelle menti dei suoi lettori un effetto equivalente a quello che produrrebbe lo stesso autore dell’opera.

Traduzione come interpretazione

…la funzione dei traduttori è quella di comprendere il più pienamente e profondamente possibile quanto hanno dichiarato gli scrittori del NT e di trasmetterlo, attraverso un processo di digestione mentale, nella lingua dei contemporanei.

Il paragrafo che precede è per me straordinario. Rileggetelo. Sembra affermare che un buon traduttore (o chiunque studi la Bibbia) non si deve limitare ad esaminare la singola parola di una frase, ma bensì estendere l’esame al paragrafo e al capitolo in cui essa si trovi ed anche a tutti gli usi che ne vengono fatti, al fine di ottenerne la comprensione più accurata possibile.

Si sa che molti vocaboli inglesi hanno più di un significato, come ad esempio la parola "bow", che ha cinque significati e due pronunce differenti.

Pronuncia 1 (significati 1 e 2)

    1. Può significare un gesto di cortesia verso altri, inchinarsi piegando il busto. 2) La prua di una nave.

Pronuncia 2 (significati da tre a cinque)

3) Strumento usato per scagliare frecce. 4) Nodo decorativo di un nastro (o stringa, laccio di una

scarpa) per legare qualcosa. 5) Parte di strumento musicale come l’archetto di un violino.

Per discernere il significato della parola dobbiamo guardarne il contesto. Prendiamo ad esempio questa breve frase: "He took a bow" = Egli porta via la prua di una nave? (Normalmente la prua di una nave è troppo grande perché una persona la possa portare via) Oppure egli si inchina a qualcuno o fa un nodo decorativo. Forse sta per scagliare una freccia o suonare un violino. Solo leggendo il contesto della frase potremo sapere che cosa stia accadendo. La stessa cosa si potrà dire dei contesti biblici.

Comunque, sia nella traduzione che nello studio della Bibbia non basta guardare il contesto, ma bisogna guardare anche la differente collocazione della parola in altre Scritture. Così si potrà verificare se un traduttore si attenga al reale intendimento della parola, se si basi su ipotesi per una possibile interpretazione o se si basi sull’evidenza. Questo è quanto spetta a voi decidere sulla Traduzione del Nuovo Mondo.

Le traduzioni usate in questo saggio sono:

King James’ version=KJV

Living Bible = LB

Phillips Modern English = PME

Revised Standard Version = RSV

New English = NE

Jerusalem Bible = JB

An American Translation =AAT

New International Version = NIV

Todays English Version = TEV

New World Transation = NWT [Edizione inglese della TNM]

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GIOVANNI 1:1

Senza alcun dubbio, per quanto mi risulta, l’obiezione più grande che i più fanno al credo dei TdG e alla Bibbia che questi usano è la maniera in cui essi traducono Giovanni 1:1.

La maggior parte delle persone sono abituate a leggere "Nel principio era la Parola e la Parola era con Dio, e la Parola era Dio". Mentre la TNM dice "e la Parola era un dio". Molti religionisti vedono in questo un modo per negare la divinità di Gesù.

Per cominciare a capire perché la TNM traduce così, guardiamo come è scritto l’originale greco. Più sotto ho cercato di riprodurre il testo greco originale com’è riportato nell’Emphatic Diaglott di Benjamin Wilson pubblicato nel 1942. Il testo greco è del Dr. J.J. Griesbach con traduzione interlineare.

1 2 3 4

En arch hn O Logos cai O Logos hn proz Ton Qeon cai qeoz hn O Logos

[Nel principio era la Parola e la Parola era con IL DIO e dio era la Parola]

La prima cosa da notare è che nel greco in cui è scritta la Bibbia non esiste l’articolo indeterminativo, che nella lingua inglese è "a" [=un, uno, una], mentre l’articolo determinativo è "the" [=il, lo, la]. Notate la differenza delle due parole greche che stanno per l’articolo "the": O Ton. Sebbene queste due parole siano le stesse, tradotte in inglese sono rese "leggermente diverse" a motivo della diversità con la quale sono usate per indicare che tipo di parola sia ciascuna di esse. La desinenza di una parola può esprimere il genere, il tempo o uno dei cinque casi che sono Nominativo, Vocativo, Accusativo, Genitivo e Dativo. Noterete pure la stessa differenza nelle parole usate per "God" [=Dio] Qeon, qeoz

Vogliate notare le leggere differenze delle parole chiave di Giovanni 1:1 nella tavola riportata qui sotto.

  1. O Caso nominativo della parola "The" [=il] … esprimente chi fa l’azione
  2. Ton Caso accusativo della parola "The" [=il] … esprimente l’oggetto [che subisce l’azione]
  3. Qeon Caso accusativo della parola "God" [=Dio] … esprimente l’oggetto
  4. qeoz Caso nominativo della parola "God" [=dio] …esprimente chi fa l’azione
  5. [in tal caso il sostantivo retto dal verbo essere diventa predicato nominale e ha valore di

    attributo]

  6. Logos Caso nominativo della parola "Word" [=Parola] …esprimente chi fa l’azione

 

Per esemplificare la cosa, supponete di andare a sedervi ad un tavolo con 8 sedie intorno e che ad ognuno sia stata assegnata una sedia ed a voi sia stato assegnato il posto a capotavola. In questo caso voi sapete esattamente quale sedia vi sia stata assegnata: The = La sedia a capo del tavolo. Ora supponiamo un’altra situazione in cui a nessuno sia stata assegnata alcuna sedia. Quindi avrete da scegliere una delle 8 sedie. Perciò andrete a sedervi su una delle sedie, che può non essere quella a capotavola.

Quindi, la parola "the" indica un termine specifico, mentre la parola "a" indica uno fra molti.

Avrete notato che la TNM inserisce l’articolo "a" [=un]. Ora il problema che sorge è se questo inserimento sia corretto. Cercherò di spiegarlo esaminando la costruzione della frase e come l’inserimento armonizzi con il contesto del capitolo.

 

E’ Grammatica o Interpretazione?

Traducendo il "Nuovo Testamento" dal greco originale in una lingua moderna si incontrano termini che possono essere resi in diversi modi. Come dev’essere determinata la traduzione perché risulti corretta?

In tali casi è ovvio che è qualcosa che esula dalla grammatica greca a determinare quali termini deve adoperare l’erudito per tradurre l’originale.

Questo modo di tradurre è fortemente avversato da coloro che vedono in esso un modo per assegnare alla Parola (Gesù nella sua esistenza preumana) un ruolo di dio minore anziché il ruolo dell’Iddio Onnipotente.

Questi avversari fanno appello alla grammatica per contrastare questa traduzione.

Un teologo, riferendosi a Giovanni 1:1 nella Traduzione del Nuovo Mondo, così commenta: "Essa trascura completamente una regola incontrovertibile della grammatica greca, che rende necessario tradurre "…e la Parola era Dio’". Un altro afferma che tradurre "un dio" è "errato e non approvato da nessun buon erudito di greco…è rigettato da tutti gli eruditi di greco accreditati". E ancora un altro commenta che la traduzione rivela "ignoranza" della grammatica greca".—Il corsivo è aggiunto.

Ho scoperto il seguente commento che ho trovato interessante, specialmente perché proviene da un’opera che attribuisce un significato trinitario a Giovanni 1:1. Riguardo all’uso degli articoli, Ray Summers afferma a pagina 129 di "Essentials of New Testament Greek"[Elementi essenziali del NT greco]:

"Il greco non ha l’articolo indeterminativo. Le parole tis e eis spesso sono vicine alle equivalenti inglesi "a" e "an" [=un, uno, una]. L’articolo determinativo o, h, to è stato usato molto ed è di tremenda importanza nell’interpretazione del Nuovo Testamento. …La funzione basilare dell’articolo greco è quella di identificare. A questo punto è doveroso osservare un’importante differenziazione. Quando l’articolo viene usato con una costruzione, la cosa enfatizzata è una "identità"; quando l’articolo non viene usato, ciò che viene enfatizzato è una qualità o caratteristica…La differenza risulta evidente dall’uso di o theos e theos. o theos è usato per indicare la divina Persona "God" [=Dio]. theos è usato (generalmente) per indicare carattere o essenza divina di Dio. Pertanto "nel principio era la Parola e la Parola era con Dio (ton theon) e la Parola era divina (theos)" dà il senso. …Un’esauriente dissertazione di questo uso trovasi in Dana e Mantey, A Manual Grammar of the Greek New Testament"[Manuale di grammatica del NT greco]. (Tratterò ancora l’uso di "divina" più avanti).

A questo riguardo, Spiros Zodhiates alle pagg. 862 e 863 di The Complete Word Study New Testament with Parallel Greek [Studio completo delle parole del NT con greco parallelo] afferma: (nella pagina che segue)

5. Predicato nominale (an) [un, uno, una] si riferisce a una parola o ad un gruppo di parole che compaiono senza l’articolo determinativo (o, e, to, the). In greco non esiste l’articolo indeterminativo "a" o "an" come in inglese [o come un, uno, una in italiano]. Talvolta la cosa migliore da fare è quella di premettere al predicato nominale gli articoli "un, uno, una". In effetti, per fattori stilistici della lingua inglese o idiomatici della lingua greca, in taluni casi è addirittura appropriato tradurre "the" [=il, lo, la]. [Nota del traduttore: il predicato nominale che compare nel testo originale inglese non esiste nel dizionario, ma qui l’autore lo usa evidentemente col significato di privo di articolo e predicato nominale]

Tuttavia ci sono casi nei quali l’uso dell’articolo sarebbe scorretto. Costruzioni senza articolo il più delle volte sono usate per evidenziare la qualità di qualcosa… Vedete anche 24. (Il corsivo usato in questo paragrafo è mio)

24. L’Articolo determinativo (art) in greco è talvolta tradotto con l’articolo determinativo inglese "the" [=il, lo, la]. Tuttavia, la funzione che hanno i due articoli nelle rispettive lingue è del tutto differente. In inglese l’articolo determinativo serve solamente a specificare un particolare oggetto al quale si fa riferimento. Mentre in greco esso serve a mettere in evidenza o a enfatizzare, in qualche modo, la cosa o la persona che esso modifica. Quindi, nella maggioranza dei casi, l’articolo determinativo in greco serve ad identificare: … Il termine "articolate" si riferisce ad un gruppo di parole dotate di articolo determinativo … Sotto l’aspetto idiomatico forse nessun’altra parte della grammatica greca differisce così tanto dalla lingua inglese. Per esempio, nessun filologo inglese metterebbe mai l’articolo determinativo davanti ad un nome proprio (non direbbe mai il "Thomas"), mentre in greco quest’uso è molto comune. Per discernere la necessità di usare o meno l’articolo determinativo, bisogna possedere la conoscenza più profonda della lingua greca. Contrastate l’uso di costruzioni con articolo usando costruzioni senza articolo che indichino qualità…"

Ho trovato interessante che uno voglia includere quelle citazioni per supportare l’idea trinitaria, specialmente includendo queste parole "La differenza è evidente nell’uso di o theos e theos. o theos è usato per la divina Persona di "Dio". theos è usato (generalmente) per indicare il carattere o l’essenza divina di Dio. Così "nel principio era la Parola e la Parola era con Dio (ton theon) e la Parola era divina (theos)" dà il significato. …" e "Tuttavia ci sono molti casi in cui l’uso di un articolo sarebbe scorretto. Costruzioni anarthrous [= prive di articolo] sono usate per evidenziare la qualità di qualcosa…" così come "Contrastate l’uso di costruzioni con articolo usando costruzioni senza articolo che indichino qualità. …"Quest’ultima citazione afferma ciò che noi sosteniamo, cioè che "dio era la Parola" indica una qualità o "natura" di Gesù.

A questo riguardo si legga la citazione contenuta nell’Appendice 6A nella TNM con riferimenti.

Segue una lista di esempi tratti dai Vangeli di Marco e di Giovanni, nei quali vari autori hanno reso predicati nominali parole singolari prive di articolo davanti al verbo (Proprio come in Giovanni 1:1) usando l’articolo indeterminativo per evidenziare l’indefinitezza e la qualità del soggetto:

Scritture e sigle delle traduzioni diversificate per colore

MARCO | NWT JKV NIV AAT RSV TEV

Mr. 6:49 | un’apparizione uno spirito uno spettro uno spettro uno spettro uno spettro

Mr. 11:32 | un profeta un profeta un profeta un profeta un vero profeta un profeta

 

GIOVANNI

Giov. 4:19 | un profeta un profeta un profeta un profeta un profeta un profeta

Giov. 6:70 | un calunniatore un diavolo un delatore un diavolo un diavolo un diavolo

Giov. 8:44 | un omicida un assassino un assassino un assassino un assassino un assassino

Giov. 8:44 | un bugiardo un bugiardo un bugiardo un bugiardo un bugiardo un bugiardo

Giov. 9:17 | un profeta un profeta un profeta un profeta un profeta un profeta

Giov. 10:1 | un ladro un ladro un ladro un ladro un ladro un ladro

Giov: 10:13 | un salariato un mercenario un salariato un bracciante un mercenario un salariato

Giov. 10:33 | un uomo un uomo soltanto un uomo soltanto un uomo un uomo un uomo

Giov. 12:6 | un ladro un ladro un ladro un ladro un ladro un ladro

 

[La tavola esposta sopra non indica che altri traduttori applichino la stessa particolare regola grammaticale che i traduttori della NWT applicano nella Scrittura di Giovanni 1:1? Posso domandare chi è coerente?

Nell’esperienza che ho avuta con i trinitari sono stati fatti frequenti riferimenti alla regola grammaticale formulata da E.C. Colwell. Altri eruditi hanno fatto commenti su questo passo, ma in parecchie occasioni mi è stata menzionata soltanto la regola di Colwell, che è tratta dal libro intitolato "The Kingdom of The Cults" [Il regno dei culti] di Walter Martin. Egli applica la regola di Colwell in questo modo. "La regola Di Colwell attesta chiaramente che un predicato nominale definito (Theos – God) non reca mai un articolo quando precede il verbo (era) come in Giovanni 1:1" Kingdom of the cults 1975, 75. Il Sig. Martin prosegue dicendo"Non può esserci alcun oggetto diretto dopo era dato che l’uso grammaticale non consente ai verbi intransitivi di reggere oggetti, bensì predicati nominali che hanno relazione col soggetto, come in questo caso parola (Logos)". Mi è stato fatto questo ragionamento per dimostrare che la "Parola" (logos) ha una diretta relazione con Ho Theos. E’ interessante notare che i Testimoni di Geova non affermino che era sia seguito da un oggetto diretto. Ritengo che le affermazioni del Sig. Martin siano infondate.

Ma la domanda a cui si deve dare risposta è se la regola di Colwell provi realmente le loro tesi. Considerate ciò che lo stesso Colwell ha effettivamente detto.

Nel 1933 egli pubblicò un articolo sul Journal of Biblical Literature [Giornale di Letteratura Biblica] intitolato: "Una regola esatta per l’uso dell’articolo nel NT greco". La parte finale di questo articolo fa una trattazione di Giovanni 1:1, che in greco termina così: "E DIO ERA LA PAROLA". Notate che l’articolo determinativo "LA" compare davanti a "PAROLA," mentre "IL" non compare affatto davanti a "DIO". La regola di Colwell inerente la traduzione del greco suona così: "Un predicato nominale definito (per esempio "DIO" in Giovanni 1:1) reca l’articolo ("IL") quando segue il verbo; ma non reca l’articolo quando precede il verbo". In altre parole, se è sempre vero, la regola inerente Giovanni 1:1 attesta che davanti a "DIO" sia richiesto "IL" nella lingua originale e quindi dovrebbe essere reso così nelle traduzioni moderne.

Sembra che la sua regola sia giusta in alcuni passi della Bibbia greca. Tuttavia, lo stesso Colwell ammette che la regola non sia assoluta, ma che abbia delle eccezioni. (Vedete, ad esempio, la traduzione interlineare di Luca 20:33; 1 Corinti 9:1, 2.) In effetti, pare che esistano così tante eccezioni che, trent’anni dopo la formulazione di questa regola, un libro di grammatica greca attesta che la regola può riflettere soltanto una "tendenza generica". Bene, allora, che dire di Giovanni 1:1? La regola sarebbe valida anche qui?

La risposta viene dallo stesso Colwell: "Il predicato ("DIO") … in questa posizione è indefinito soltanto se lo richiede il suo contesto". Notate, non una "regola" inviolabile, ma il contesto è il fattore cruciale.

Così, a dispetto delle forti asserzioni fatte da alcuni, la "regola" di Colwell o altre regole non necessitano una traduzione esclusiva di Giovanni 1:1. Piuttosto, è come il traduttore interpreta i versetti del contesto e, per meglio dire, il resto della Bibbia, che dovrebbe determinare come tradurre Giovanni 1:1.

Ora notate il contesto nei versetti da 1 a 4 della TNM, prestando attenzione alle parole evidenziate per poterle confrontare con quelle di altre versioni "1 In [nel] principio era la Parola, e la Parola era con Dio e la Parola era un dio. 2 Questo era in [nel] principio con Dio. 3 Tutte le cose son venute all’esistenza per mezzo di lui, e senza di lui neppure una cosa è venuta all’esistenza. Ciò che è venuto all’esistenza 4 per mezzo di lui era vita, e la vita era la luce degli uomini".

Notate anche Giovanni 1:18 "Nessun uomo ha mai visto Dio; l’unigenito dio che è nel(la posizione del) seno presso il Padre è colui che l’ha spiegato". Tutte le parole sottolineate in corsivo mostrano più di quanto si possa dire qua. (Nelle discussioni che ho avute con dei trinitari mi ha stupito il fatto che molti non capissero il significato di queste parole). Ciò è ulteriormente confermato in Col. 1:15-17. "15 Egli è l’immagine dell’invisibile Iddio, il primogenito di tutta la creazione; 16 perché per mezzo di lui tutte le [altre] cose furono create nei cieli e sulla terra, le cose visibili e le cose invisibili, siano essi troni o signorie o governi o autorità. Tutte le [altre] cose furono create per mezzo di lui e per lui. 17 Ed egli è prima di tutte le [altre] cose e per mezzo di lui tutte le [altre] cose furono fatte esistere". (Discuto più avanti l’uso della parola fra parentesi quadre [altre] che viene contestato da molti).

Le parole inserite dentro le parentesi quadre [ ] nella TNM servono a completare il senso del testo.

Questo dà agli scrittori suddetti il pretesto di essere dogmatici nelle loro asserzioni. Per loro, Gesù è Dio stesso. Uno di loro afferma che "Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo". Un altro sostiene che "Cristo rivendica l’uguaglianza con Geova". Ovviamente, avendo una possibilità di scelta, preferiscono dare a Giovanni 1:1 una traduzione che sostenga le loro opinioni personali.

D’altra parte, chiunque accetti la semplice affermazione fatta da Gesù che "il Padre è maggiore di me" si renderà conto che Gesù non è uguale all’Onnipotente Geova. (Giovanni 14:28) Comunque, ciò non toglie che Gesù possa essere chiamato anche "dio" con un certo significato. Considerate Esodo 4:16; qui non dice Geova a Mosè "E tu servirai ad [Aronne] come Dio"? (AV) Ma questo non fa di Mosè l’Iddio Onnipotente, non è vero? Il termine "dio" è conferito anche al Diavolo, una potente creatura che controlla l’esistente sistema di cose. (2 Cor. 4:4) Certamente, quindi, è lecito riferirsi a Gesù come "un dio", essendo stato esaltato al di sopra di ogni altra creatura ed avendo ricevuto dal Padre suo grande autorità sia in cielo che sulla terra. Tale versione conferisce a Gesù il rispetto e la dignità che gli son dovuti, mentre allo stesso tempo evita di dare al lettore l’impressione che Gesù sia lo stesso Dio Onnipotente.

La presunta "regola" grammaticale relativa a Giovanni 1:1 è soltanto una delle molte delle quali molti abusano per dare un apparente supporto a certe opinione religiose. Tuttavia serve a illustrare il punto: la vera questione va oltre la grammatica.

Le regole grammaticali sono necessarie a comprendere una lingua. Ma hanno dei limiti. Come afferma la Encyclopedia Americana: "Ogni qualvolta troviamo della grammatica attiva su una lingua già creata …il compito della grammatica è stato non quello di stabilire quello che una lingua dovrebbe o deve essere, ma quello di dare significato ad una lingua già esistente. La grammatica ha funzione esplicativa, non creativa".

Di conseguenza, perfino nelle lingue vive si dovrebbe ricordare che, in ultima analisi, la loro ‘grammatica’ non proviene da ‘libri di grammatica’. Come afferma un professore d’inglese all’Università di Chicago: "Quello che dice chi parla la madrelingua è sempre giusto". Sono coloro che parlano una lingua, specialmente i ‘più istruiti’ – e non i fabbricanti di regole arbitrarie - a determinare in maniera definitiva quello che è ‘corretto’ o ‘scorretto’.

Lo stesso principio è valido per la grammatica del greco biblico. Il suo proposito è quello di spiegare come le cose sono dette anziché quello di tentare d’imporre a una lingua originale quello che i grammatici moderni pensano che debba essere detto. Questa ‘grammatica’ deve essere ottenuta da quello che lo stesso testo biblico greco attualmente dice. Perfino altri testi di lingua greca, sebbene datati in altra epoca e ritrovati in altri luoghi del pianeta, sono di valore limitato per servire a comprendere le Scritture. Lo ha dichiarato A. T. Robertson, un eminente grammatico: "Quello che vogliamo sapere non è il buon greco parlato ad Atene al tempo di Pericle, ma il buon greco parlato in Siria e Palestina nel primo secolo A.D." Sì, lo stesso testo biblico in particolare deve rivelare ciò che è accettabile in materia grammaticale.

Pertanto, la persona che non è stata erudita nelle lingue bibliche originali, non deve farsi intimidire da coloro che citano regole grammaticali. Nessuna regola grammaticale potrà contraddire il complessivo messaggio della Bibbia. In sintonia con questo, un insegnante biblico onesto è consapevole che è il testo biblico a dover essere ritenuto ispirato, non i libri di regole grammaticali, per quanto utili.

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Ora faremo un esempio ricalcando una Scrittura, ma sostituendo due parole:

In [nel] principio era l’apprendista e l’apprendista era con IL COSTRUTTORE e costruttore era l’apprendista.

Esaminando questa frase, noto che quelli menzionati sono due individui: il costruttore che dà la direttiva e l’apprendista che segue la direttiva. La parola "costruttore" scritta in minuscolo è, come risaputo, un predicato nominale che descrive una qualità dell’apprendista, perché questi fa un lavoro di costruttore senza essere IL COSTRUTTORE.

Così come il "costruttore" scritto in minuscolo che descrive una qualità dell’apprendista, ha valore di predicato nominale anche la parola "un dio" nel descrivere una qualità del Logos, del quale è corretto dire, di conseguenza, che la Parola era divina o deiforme.

Consideriamo ora il significato della parola Dio. NON è un nome, ma un titolo che descrive una qualità di colui al quale è conferito tale titolo. Fra le parole greche che sono tradotte "Dio" c’è ‘El’, The New Strongs Concordance [La Nuova Concordanza di Strong] collega EL (riferimento n° 410) a ELOHEEM (Rif. n° 430) e a ELOAH (Rif. n° 433). La parola base El significa "forza" o "potente". Quindi il significato basilare delle parole tradotte Dio è "Potente".

Per ingrandire l’esempio dell’apprendista e del costruttore, lo porterò nello stato in cui io vivo (Australia meridionale), dove ogni costruttore deve esporre il suo nome nel luogo in cui lavora. Supponiamo che il suo nome sia "Allan Brooks Constructions" e che costruisca 100 case all’anno. In una grande impresa di costruzioni, la persona che le dà il nome, si occupa di tutto ciò che riguarda l’organizzazione, la direttiva e la responsabilità del progetto, ma non prenderà mai parte attiva all’esecuzione materiale dell’opera, perché delega quest’opera ai suoi dipendenti. Chiunque passi davanti al cantiere, noterà il nome di Allan Brooks e assocerà quel progetto edile a quella persona, la quale, anche se non avesse mai messo piede sul posto del cantiere edile, sarà ugualmente responsabile in toto di quel lavoro. Se è bene che si prenda il merito, e anche bene che si prenda la responsabilità degli eventuali problemi correlati all’opera. Chiunque passerà davanti alla costruzione, l’assocerà automaticamente al nome che sta esposto lì davanti.

A chi domandasse chi è l’autore dell’opera, sia i dipendenti che IL COSTRUTTORE (in questo caso il Sig. Brooks), potranno affermare correttamente di essere (o essere riconosciuti) come i costruttori di una certa casa. Gli uni come esecutori materiali dell’opera e l’altro come PROGETTISTA e ORGANIZZATORE del progetto. Stando a quanto io so dell’industria edile, se il Sig. Brook, come unico responsabile, dovesse descrivere a qualcuno un lavoro di cui egli sia responsabile, potrà correttamente dire che solo lui ha fatto il progetto e il suo interlocutore capirebbe il contesto della sua affermazione.

Quindi sia il costruttore che i suoi dipendenti possono dire di avere realizzato un certo progetto. Il costruttore per aver STIMOLATO e ORGANIZZATO il progetto, i suoi collaboratori per averlo realizzato. Lo stesso principio si può applicarlo a Gesù e a suo padre. Geova STIMOLA e ORGANIZZA certe opere, (creare, salvare, giudicare) e Gesù le realizza. Ambedue possono dire di compiere le medesime opere. (Parallelamente, riferendomi al paragrafo che precede, Geova può correttamente dire ciò che afferma in Isaia 44:24 "Io, Geova, faccio ogni cosa, spiegando da me stesso i cieli, stendendo la terra. Chi era con me?" Per maggiori dettagli su questo testo vedere la Trinity Exposed sul sito web) [Trinità smascherata] :

http://hector3000.future.easyspace.com/trinity2.htm

The Catholic Biblical Quarterly, [Il Trimestrale biblico cattolico] Vol. XIII, n° 4, ottobre 1951, osservò: "La grammatica da sola non può provare come il predicato in questo versetto dovrebbe essere tradotto, se ‘Dio’ o ‘un dio’". Un altro punto a favore della traduzione "un dio" è segnato da The New American Bible (1970), che nella sua sezione "Biblical Terms Explained" [Spiegazione di termini biblici] sotto la voce "Dio" afferma: "In Giov. 1:1 la Parola è chiamata ‘Dio’, ma il termine greco originale usato qui, theos [Dio] non è la parola solitamente usata per Dio, ho theos [il Dio]".

Quindi la verità è che come Giovanni dovrebbe essere tradotto non può essere determinato in modo definitivo solo da regole della grammatica greca.. Come attestò il professore di divinità John Martin Creed: "Il prologo [Giovanni 1:1] è in greco meno esplicito con il predicato privo di articolo [theos senza l’articolo ho (il)] di quanto lo sia in inglese".

Perciò questo testo da solo non è conclusivo nel determinare se Gesù sia veramente "Dio" o un "dio" minore, subordinato. Provano i pochi altri testi in cui "Gesù è o potrebbe essere descritto come ‘Dio’" che egli sia realmente L’Iddio Onnipotente? Alcuni di questi saranno trattati più avanti.

Originalmente, questa pagina terminava qui, ma ho dovuto allungarla a motivo di numerose e-mail che ho ricevute, nelle quali mi è stato detto che i ragionamenti da me esposti non si accordassero con il contesto di tali Scritture come Isaia 43:10. Sì, devo ammettere che il contesto implica più dei testi collegati ad esso. L’intera Bibbia deve essere considerata in modo da vedere ciò che Dio ci ha realmente impartito, per cui noi considereremo le parole d’Isaia alla luce di quanto gli oppositori avessero da dire e cercheremo di esaminare i significati originali di quel testo. Isaia 43: (RSV) dice "Prima di me non fu formato nessun Dio, né sarà formato alcuno dopo di me".

Anche questo ragionamento è stato fatto per supportare la traduzione fatta di Giovanni 1:1 nella TNM. La citazione seguente viene da uno scritto redatto da Larry Ingram nella discussione che fa di Giovanni 1:1 nelle pagine del sito web

"…Per convalidare ulteriormente il punto 5 riportato sopra, The New Treasury of Scripture Knowledge [Il nuovo tesoro di conoscenza scritturale] fa notare che i traduttori e le traduzioni che scelgono la versione ‘un dio’ o ‘divina’ sono motivati da considerazioni teologiche, non grammaticali. L’espressione ‘un dio’ è particolarmente deplorevole, perché fa di Cristo un dio minore, cadendo nel politeismo, e contraddicendo quello che è dichiarato in Deut.32:39. [Questo testo riproduce la versione della TNM "Vedete ora che io, io sono quegli E non ci sono dèi insieme a me"] Poiché è chiaro che se Cristo è ‘un dio’, il quegli dev’essere un ‘vero dio’ o un ‘falso dio’. Se fosse ‘vero’, verremmo a sostenere un politeismo; se fosse ‘falso’, sarebbe immeritevole di credito".

Larry, come altri, mi pose la seguente domanda: "COME PUO’ GESU’ CRISTO ESSERE ‘un dio’ se perfino la TNM afferma "voi siete i miei testimoni", è l’espressione di Geova, "pure il mio servitore che io ho scelto, affinché conosciate e abbiate fede in me, e affinché comprendiate che io sono lo stesso. Prima di me non fu formato nessun Dio, e dopo di me continuò a non essercene nessuno. Io, io sono Geova, e oltre a me non c’è salvatore" (Isaia 43:10, TNM)?

Prima d’iniziare l’esame del CONTESTO di questo versetto, consideriamo come le parole "dio" vengono intese nella lingua ebraica. E’ importante capire l’uso di queste parole antiche quando si traducono in una lingua moderna. E’ pure importante discernere l’ambiente in cui vengono usate. La nazione d’Israele era uscita da una terra piena di false divinità (Egitto) ed andava a prendere possesso di una terra la cui popolazione adorava falsi dèi. Perciò il popolo d’Israele aveva molta familiarità con i vari "dèi". In relazione all’esodo essi conobbero la potenza dell’Iddio dei loro antenati, ma dato che avevano acquisito familiarità con gli altri dèi, Egli dovette rammentare loro chi Egli fosse.

Sto per ripetere quello che ho già detto prima per rielaborarlo. La maggior parte di quanto è scritto qui non è mio, ma di altra provenienza e rielaborato.

Fra le parole ebraiche tradotte "Dio" c’è ‘EL, The New Strong Concordance [La Nuova Concordanza di Strong] collega EL (numero di riferimento 410) con ELOHEEM (numero di riferimento 430) e con ELOAH (numero di riferimento 433). La radice El significa "forza" e/o "potente". Appropriatamente, quindi, la radice delle parole tradotte "Dio" significa "Potente". E’ usata in relazione a Geova, ad altri dèi e a uomini. E’ usata estesamente anche come componente nomi di persona, come Eliseo, che significa "Dio è Salvezza" e Michele ("Chi è simile a Dio?"). In alcuni luoghi ‘El compare con l’articolo determinativo (ha.’El’, letteralmente "il Dio") con riferimento a Geova, distinguendolo così da altri dèi. Ge. 46:3; 2 Sa. 22:31; vedere l’appendice della TNM, pag. 1567. In Isaia 9:6 Gesù Cristo è profeticamente chiamato ‘El Gib.bohr’, "Dio potente" (non ‘El Shad.dai’ [Dio Onnipotente], che è attribuito a Geova in Genesi 17:1).

La forma plurale ‘e.lim’ è usata con riferimento ad altri dèi, come in Esodo 15:11 ("dèi"). E’ usata anche come plurale di maestà ed eccellenza, come in Salmo 89:6: "Chi può somigliare a Geova fra i figli di Dio [bi.beneh’ ‘E.lim’]?" Che la forma plurale venga usata per indicare un singolo individuo qui e in un numero di altri luoghi, è supportato dalla traduzione di ‘E.lim’ dalla forma singolare ‘The.os’ nella LXX greca; similmente da ‘Dio’ nella Vulgata latina.

La parola ebraica ‘elo.him’ (dèi) sembra derivare da una radice che significa "essere forte". ‘Elo.him’ è il plurale di ‘eloh’ah (dio). Talvolta questo plurale si riferisce a più dèi (Ge. 31:30, 32; 35:2), ma più spesso è usato come plurale di maestà, dignità o eccellenza. ‘Elo.him’ è usato nelle Scritture con riferimento a Geova, agli angeli, agli dèi idolatrici (singolare e plurale) e agli uomini.

Quando è applicato a Geova, ‘Elo.him’ è usato come un plurale di maestà, dignità o eccellenza. (Ge. 1:1) (Il termine col significato di un plurale di maestà, dignità o eccellenza ha un similare in quello che è chiamato "NOI REGALE o MAJESTATIS". E’ stato usato da re e regine con riferimento a se stessi. Per esempio, abbiamo visto spesso vecchi film in cui la regina Vittoria spesso usa espressioni come "Non ci siamo divertiti", con riferimento a se stessa e non all’insieme delle persone in mezzo alle quali si trova.) A questo riguardo, Aaron Ember scrisse: "Che la lingua del V[ecchio] T[estamento] abbia rivelato interamente l’idea della pluralità in … [‘Elo.him’] (quando applicato all’Iddio d’Israele) è mostrato particolarmente dal fatto che esso quasi invariabilmente è costruito con un predicato verbale singolare e con un attributo o aggettivo singolare … [‘Elo.him’] deve essere inteso piuttosto come un plurale intensivo che denoti grandezza e maestà, un sinonimo di ‘Il Grande Dio’".- The American Journal of Semitic Languages and Literatures, [Giornale americano di lingue e letterature semitiche], Vol. XXI, 1905, pag. 208.

Il titolo ‘Elo.him’ richiama l’attenzione sulla forza di Geova come Creatore. Esso compare 35 volte nel racconto della creazione ed ogni volta il verbo usato per ciò che dice o fa si trova al singolare. (Ge. 1:1-2:4) In lui risiedono la somma e la sostanza d’infinite forze.

Nel Salmo 8:5 anche gli angeli sono chiamati ‘elo.him’, com’è confermato dalla citazione di Paolo contenuta in Ebrei 2:6-8. Essi sono chiamati "beneh’ ha.’Elo.him’, "figli di Dio" (KJ); "figli del vero Dio" (TNM) in Genesi 6:2, 4; Giobbe 1:6; 2:1.Il Lexicon in Veteris Testamenti Libros, di Koehler & Baumgartner (1958), pag. 134, dice: "entità divine (individuali), dèi". E la pagina 51 dice: "i (singoli) dèi", citando Genesi 6:2; Giobbe 1:6; 2:1; 38:7. Quindi in Salmo 8:5 ‘elo.him’ è reso "angeli" (LXX); "quelli simili a Dio" (TNM).

La parola ‘elo.him’ è usata anche con riferimento a dèi idolatrici. Talvolta questa forma plurale significa semplicemente "dèi". (Esodo 12:12; 20:23) Altre volte è plurale di eccellenza ed è applicato ad un solo dio (o a una sola dea). Tuttavia, questi dèi chiaramente non erano delle trinità.-1 Sa. 5:7b (Dagon); 1 Re 11:5 ("dea" Astarte); Da. 1:2b (Marduk).

In Salmo 82:1, 6, ‘elo.him’ è applicato ad uomini, giudici d’Israele. Gesù citò da questo Salmo in Giovanni 10:34, 35. Essi erano dèi nella loro veste di rappresentanti e portavoce di Geova. Similmente, in Esodo 4:16 si dice che Mosè serviva come "Dio" ad Aronne e a Faraone.

In molti passi delle Scritture ‘Elo.him’ è preceduto anche dall’articolo determinativo ha. (Ge. 5:22) Riferendosi all’uso di ha.’Elo.him’, F. Zorell afferma: "Nelle Sacre Scritture questa parola è applicata specialmente all’unico vero Dio Jahve; …’Jahve è l’[unico vero] Dio’ De. 4:35; 4:39; Giosuè 22:34; 2 Sa. 7:28; 1 Re 8:60 etc:" - Il Lexicon Hebraicum Veteris Testamenti, Roma, 1984, pag. 54, lo mette fra parentesi.

Il termine greco equivalente a ‘El e ‘Elo.him’ nella versione LXX e la parola equivalente a "Dio" o "dio" nelle Scritture Greche Cristiane è solitamente the.os’.

Anzitutto, vogliamo trattare il contesto della maggioranza dei capitoli che precedono e che seguono il capitolo 43 di Isaia. Uno studio attento ci fa capire che questi capitoli si riferiscono primariamente ai falsi dèi idolatrici nella cui adorazione la nazione d’Israele era implicata in disubbidienza all’unico Vero Dio d’Israele, vale a dire Geova. Notate che Geova dice: "…prima di me non fu formato nessun Dio, e dopo di me continuò a non essercene nessuno [formato]".

Perciò non sorprende che Geova faccia un’affermazione come quella di Isaia 43:10, chiamando perfino la nazione d’Israele "testimoni" della sua Divinità. Essi davano testimonianza dei meravigliosi atti compiuti da Geova a favore del suo popolo. Vogliamo guardare i versetti 2 e 3 del medesimo capitolo: "Nel caso che tu debba passare attraverso le acque, certamente sarò con te; e attraverso i fiumi, non ti sommergeranno. Nel caso tu debba camminare attraverso il fuoco, non ti scotterai, né la fiamma stessa ti bruciacchierà. Poiché io sono Geova tuo Dio, il Santo d’Israele tuo Salvatore. Ho dato l’Egitto come tuo riscatto, l’Etiopia e Seba in luogo tuo".

Sì, dal punto di vista di Geova, tutti gli idoli di letame delle nazioni pagane che attorniavano Israele e che erano stati introdotti nella pura adorazione di Geova erano qualcosa di detestabile ai suoi occhi. Coerentemente Dio aveva rammentato al suo popolo di "non farsi immagini scolpite" al suo cospetto. Gli dèi delle nazioni ripetutamente dimostrarono la loro impotenza al confronto con le terrificanti dimostrazioni di potere miracoloso di Geova a favore del suo popolo. E ancora Israele continuò a contaminarsi con la falsa adorazione, facendo e adorando idoli.

Ciò che è stato detto sopra come mostra che NESSUN dio potè essere formato prima o dopo Geova? In effetti, non potè essere formato NESSUN dio prima o dopo Geova, perché gli dèi menzionati – con i quali la nazione d’Israele potesse essere identificata – erano FALSI DEI IDOLATRICI! Sì, il "CONTESTO" SI RIFERISCE AI FALSI IDOLI CON I QUALI LA NAZIONE D’ISRAELE SI ERA CONTAMINATA! Vogliamo vederne la prova.

Isaia 40:18-20 dichiara: "E a chi potete assomigliare Dio, e quale somiglianza gli potete mettere accanto? L’artefice ha colato una semplice immagine di metallo fuso, e il lavoratore di metalli la riveste d’oro e forgia catenelle d’argento. Egli sceglie un certo albero come contribuzione, un albero che non è marcio. Si cerca un abile artefice, per preparare un’immagine scolpita che non si possa far vacillare".

Isaia 40:25 dichiara: "M a chi potete assomigliarmi perché io gli sia uguagliato?" dice il Santo.

Isaia 41:28, 29 dichiara: "E continuai a vedere, e non c’era nessun uomo; e di questi non ce n’era nemmeno uno che desse consiglio. E continuai a interrogarli, perché rispondessero. Ecco, sono tutti qualcosa d’inesistente. Le loro opere sono nulla. Le loro immagini di metallo fuso sono vento e irrealtà".

Isaia 42:17 dichiara: "Si dovranno volgere indietro, proveranno molta vergogna, quelli che confidano nell’immagine scolpita, quelli che dicono all’immagine di metallo fuso: ‘Voi siete i nostri dèi’".

Isaia 44:8, 9, 10 dichiara: "Non abbiate terrore e non siate stupefatti. Non ve l’ho fatto udire individualmente da quel tempo in poi e non l’ho dichiarato? E voi siete i miei testimoni. Esiste un Dio oltre a me? No, non c’è nessuna Roccia. Non ne ho riconosciuto nessuna. I formatori dell’immagine scolpita sono tutti un’irrealtà, e i loro stessi cari non saranno di nessun beneficio; e come loro testimoni non vedono nulla e non conoscono nulla, affinché provino vergogna. Chi ha formato un dio o ha colato una semplice immagine di metallo fuso? Non è stato di nessun beneficio".

Isaia 44:15, 16, 17 dichiara: "Ed è divenuto qualcosa perché l’uomo faccia ardere il fuoco. Ne prende dunque una parte per riscaldarsi. Infatti accende il fuoco ed effettivamente cuoce il pane. Lavora anche a un dio davanti a cui possa inchinarsi. Ne ha fatto un’immagine scolpita, e le si prostra davanti. Ne brucia in effetti una metà nel fuoco. Su metà d’esso arrostisce bene la carne che mangia, e si sazia. Inoltre si riscalda e dice: ‘Aha! Mi sono riscaldato. Ho visto la luce del fuoco’. Ma di ciò che rimane fa realmente un dio stesso, la sua immagine scolpita. Si prostra davanti a essa e si inchina e la prega e dice: ‘Liberami, poiché tu sei il mio dio’".

Perciò possiamo notare che gli dèi coi quali Geova viene comparato sono IDOLI formati o fatti dall’uomo ed adorati al posto di Geova. Quindi NESSUN Dio (vale a dire, nessun idolo fatto o formato dall’uomo) fu formato PRIMA di Geova ed ERA REALE o VIVENTE e CAPACE di liberarli, e dopo Geova non continuò ad essercene nessuno! Poiché non esisterono mai! Sì, la nazione d’Israele (insieme con le nazioni circonvicine) faceva idoli, ma essi erano di pietra, o di legno, e NON viventi o REALI o capaci di provvedere mai alcuna salvezza a loro! Perciò quanto stolta doveva essere la nazione che aveva un Dio protettore come Geova.

Sebbene certi idoli fatti da mani umane abbiano solitamente bocca, occhi ed orecchi, non possono parlare, vedere od udire, e non possono far nulla per i loro adoratori. (Salmo 135:15-18) Questo fu evidente nell’ottavo secolo a. E.V., quando il profeta di Dio rivelò nel libro di Isaia 43:8-28 che cosa sia, in effetti, un caso giudiziario fra Geova e gli dèi idolatrici. Da una parte c’era Israele, il popolo di Dio, e dall’altra le nazioni del mondo. Geova sfidò i falsi dèi delle nazioni a dire "le prime cose" per profetizzare accuratamente. Nessuno di loro potè fare questo. Rivolto al suo popolo, Geova disse: "Voi siete i miei testimoni … ed io sono Dio". Le nazioni non potevano provare che i loro dèi esistevano davanti a Geova o che potevano profetizzare. Ma Geova predisse la rovina di Babilonia e la liberazione del suo popolo dalla sua prigionia.

E’ interessante notare come nella lista che segue altre traduzioni riportino il versetto di Giovanni 1:1. Questa lista l’ho trovata in un forum nel giugno del 1998.

che aveva Dio……………………………………………Barclay

..era quel che Dio era……………………………………..Scholars Version

un essere divino……………………………………………Bhmer

(professore norvegese di teologia del NT)

heutigem Deutsch [La Bibbia in tedesco moderno]

Io spero che tutto quanto precede abbia gettato luce sul soggetto, dimostrando che il modo in cui la TNM traduce Giovanni 1:1 è DIFFERENTE e non SBAGLIATO.

TORNA ALL’INIZIO

………………………………………………………………………………………………………….

GIOVANNI 1:3

"Tutte le cose son venute all’esistenza per mezzo di lui, e senza di lui neppure una cosa è venuta all’esistenza".

TNM

La controversia con questo testo è sorta sulle parole "attraverso" e "a parte lui".

Dove la KJV usa la parola "da", la maggior parte di altri usa la parola "per mezzo di" come TEV, NIV, PME, JB, RSV e NEV. La Living Bible di discosta da queste versioni, mancando di entrambe le due espressioni. "Egli creò ogni cosa che esiste; non esiste alcuna cosa che egli non abbia creato". Questa è un’esplicita dichiarazione che ogni cosa fu creata da Gesù e non lascia posto all’idea che Gesù potesse essere stato creato.

La parola greca corrispondente a "attraverso" è una preposizione "la quale denota il tramite di un’azione". O, come dice il mio dizionario "per mezzo di". Questo non indica un’uguaglianza, specialmente nel contesto di Giovanni.

Invece delle parole "a parte", tutte le traduzioni moderne che ho consultato rendono "senza". Per esempio "Tutte le cose furono fatte da lui e senza lui non ci fu alcuna cosa che non fosse stata fatta" (KJV).

L’uso delle parole "da" e "senza" nella KJV dà anche l’apparente significato che tutta la Creazione non poté venire all’esistenza a meno che La Parola (Gesù) non la creasse e che ogni cosa esistente fu fatta da Gesù. Dove la TNM usa "senza", il lettore riceve l’impressione che ogni altra cosa fu creata da (per mezzo di ) Gesù, fatta eccezione per Gesù. I TdG usano questo testo (assieme ad altri) per sostenere che Gesù fu creato.

La parola "senza" può significare "distaccato, cioè separatamente o al di fuori di". Facciamo l’esempio di qualcuno che fa un viaggio all’estero e dica che è senza la sua famiglia. Questo fa capire ai suoi interlocutori che il visitatore faccia parte di un gruppo di persone che compongono una famiglia, ma che lui al momento è senza di lei. Il parallelo di questo concetto indica che Gesù (la Parola) fu usato per creare tutte le cose dopo (o separatamente, al di fuori di) se stesso. (Questo concetto è in sintonia con Col. 1:15)

Qui ci vedo un altro piccolo problema. Se accettassimo le parole di Giovanni come sono tradotte dalla KJV, come dovremmo interpretare le parole "Ogni cosa"? Certamente dovremmo concludere che il Padre fu creato dalla Parola, non è vero?

Che dire del contesto del Libro di Giovanni? Dà altro sostegno all’idea che Gesù non è uguale a Dio dando ulteriore appoggio a Giovanni 1:3?

In Giovanni 1:6 leggiamo che Giovanni Battista è "un uomo mandato da Dio". (KJV) Qui intendo che Giovanni era una persona diversa da Dio, aveva un messaggio, e Dio lo "mandò"

Giovanni si riferì a Gesù con un linguaggio similare, come dalla citazione che segue (KJV)

Giovanni 3:17 "Poiché Dio mandò il Figlio suo non … ma perché il mondo per mezzo di lui…" (Vorrete notare che qui le parole per mezzo di indicano almeno due individui, l’uno che è superiore all’altro, e l’altro che compie l’opera di chi gli è superiore.(Alcune traduzioni summenzionate dicono "mandato". NIV, PME, JB, RSV, NEV dicono tutte "per mezzo di")

Giovanni 5:19 "Il Figlio non può fare nulla di propria iniziativa" indica che è implicata una persona superiore.

"il Figlio non fa nulla da se stesso" TEV

"IL Figlio non fa nulla di sua iniziativa" PME, RSV

"il Figlio non può fare nulla da se stesso" JB, NEB, NIV

Giovanni 5:23 "che lo ha mandato"

ALTRE ESPRESSIONI SIMILI IN ALTRE TRADUZIONI

Giovanni 5:30 "Io non posso fare nulla di mia iniziativa: come odo, giudico: e il mio giudizio è giusto; poiché io cerco non la mia propria volontà, ma la volontà del padre che mi ha mandato". (KJV)

Giovanni 6:57 "Come il Padre vivente ha mandato me…" (KJV)

Giovanni 17:3 "…che possano conoscere te il solo vero Dio, e Gesù Cristo, che tu hai mandato". (KJV)

Questi passi mi fanno capire che Giovanni non vide Gesù come uguale al Padre suo. Pertanto, il modo in cui la TNM ha tradotto Giovanni 1:3 si armonizza col contesto del capitolo, ed inoltre anche la semplice lettura della lettera di Giovanni mi rivela che le due persone non sono uguali.

 

 

GIOVANNI 17:3

C’è un altro testo contestato da molti che nella TNM viene reso nel modo seguente

"Questo significa vita eterna, che acquistino conoscenza di te, il solo vero Dio, e di colui che tu hai mandato, Gesù Cristo."

Altre traduzioni che sembrano essere più popolari non usano l’espressione "acquistino conoscenza", ma "che essi possano (o debbano) conoscere te" RSV, KJV, ASV. "Conoscendo te" The Living Bible. "Per conoscere te" The Revised Berkeley Version. "Che essi possano conoscere te" NIV.

Queste traduzioni danno l’idea che tutto quello che occorra per avere salvezza sia conoscere Dio e suo Figlio. Mentre la TNM già menzionata rende l’idea di un processo continuativo nell’acquistare conoscenza. Questo indica che più che la semplice conoscenza di Dio è implicato un impegno continuo nell’acquistare conoscenza di Dio.

La parola conoscere o conoscenza si basa sulla parola greca GINOSKO" GINOSKO.

Il Vine Expository Dictionary of New Testament Words dice:

VINE’S NEW TESTAMENT WORD SEARCH-COMPLETE

[ NT di Vine –Ricerca completa dei vocaboli]

Conoscere. Conosciuto, Conoscenza, Sconosciuto

A-1, ginosko, [Verbo, 1097]

Significa "venire a conoscenza, venire a conoscere, riconoscere, capire", o "capire completamente", per es. Marco 13:28, 29; Giov. 13:12; 15:18; 21:17; 2 Cor. 8:9; Ebrei 10:34; 1 Giov. 2:5; 4:2, 6 (due volte), 7, 13; 5:2, 20; nella coniugazione al passato spesso significa "conoscere nel senso di riconoscere ", l’aoristo o aspetto momentaneo di un’azione indicante solitamente definitezza o determinatezza, Matteo 13:11; Marco 7:24; Giov. 7:26; in Giov. 10:38 "affinché conosciate (aoristo) e continuate a conoscere, (presente)"; Giov. 19:4; Atti 1:7; 17:19; Rom. 1:21; 1 Cor. 2:11 (seconda parte), 14; 2 Cor. 2:4; Ef. 3:19; 6:22; Fil. 2:19; 3:10; 1 Tess. 3:5; 2 Tim. 2:19; Giac. 2:20; 1 Giov. 2:13 (due volte), 14; 3:6; 4:8; 2 Giov. 1:1; Riv. 2:24; 3:3, 9. Nella forma passiva spesso significa "essere conosciuto", per es. Matt. 10:26; Fil. 4:5. Nel senso di conoscenza completa e assoluta, come capacità di Dio, è usato per es. in Luca 16:15; Giov. 10:15 (sia del Figlio come del Padre); 1 Cor. 3:20. In Luca 12:46, AV, è reso "egli è … consapevole".

Nel NT ginosko indica di frequente una relazione tra la persona "che conosce" e l’oggetto conosciuto; in questa accezione, ciò che è "conosciuto" ha valore o importanza per colui che

conosce, indicando quindi l’esistenza di una relazione, per es. con particolare riferimento a "conoscenza" di Dio, 1 Cor. 8:3, "se uno ama Dio, lo stesso è conosciuto da Lui"; Gal. 4:9, "essere conosciuto da Dio"; qui il "conoscere" suggerisce approvazione e porta il significato "essere approvato"; così in 2 Tim. 2:19; confronta Giov. 10:14, 27; Gen. 18:19; Naum 1:7; la relazione in questione può implicare un castigo riparatore o che porta rimedio, Amos 3:2. La stessa idea di apprezzamento nel senso di "conoscenza" sottosta a diverse dichiarazioni concernenti la "conoscenza" di Dio e della Sua verità da parte dei suoi credenti, come per es. Giov. 8:32; 14:20, 31; 17:3; Gal. 4:9 (prima parte); 1 Giov. 2:3, 13, 14; 4:6, 8, 16; 5:20; tale "conoscenza" è conseguita non da una mera attività intellettuale, ma dall’operare dello Spirito Santo conseguente all’accettazione di Cristo. Né tale "conoscenza" è caratterizzata da finalità; vedere per es. 2 Pietro 3:18; Osea 6:3, RV.

Il verbo è usato anche per esprimere pensiero di connessione o unità, come tra uomo e donna, Matteo 1:25; Luca 1:34.

A-2, oida, [Verbo, 1492]

Dalla stessa radice di eidon, "vedere", è un tempo perfetto con significato di presente che esprime il concetto primario "avere visto o percepito"; quindi "conoscere, avere conoscenza di", in senso assoluto come di conoscenza di Dio, per es. Matteo 6:8, 32; Giov. 6:6, 64; 8:14; 11:42; 13:11; 18:4; 2 Cor. 11:31; 2 Pietro 2:9; Riv. 2:2, 9, 13, 19; 3:1, 8, 15; o nel caso di "conoscenza" umana, conoscere attraverso osservazione, per es. 1 Tess. 1:4, 5; 2:1; 2 Tess. 3:7.

Le differenze fra ginosko (n° 1) e oida richiedono considerazione: (a) ginosko suggerisce frequentemente un inizio o un progresso nella "conoscenza", mentre oida suggerisce completezza di "conoscenza", per es. Giov. 8:55, "voi non Lo avete conosciuto" (ginosko), cioè cominciato a "conoscere", "ma io Lo conosco" (oida), cioè "Lo conosco perfettamente", Giov. 13:7, Ciò che sto facendo non lo capisci al presente", cioè Pietro non ne capiva (oida) ancora il significato, "ma lo capirai", cioè "verrai a conoscerlo (ginosko) dopo queste cose", Giov.14:7, "Se aveste conosciuto me" (ginosko), cioè "se aveste conosciuto me in modo preciso", "voi avreste conosciuto anche il Padre mio" (oida), cioè, "avreste avuto comprensione di:" "da questo momento in poi Lo conoscete" (ginosko), cioè, venendo inconsapevolmente al Padre come il Solo che era in Lui, essi avrebbero ora fatto una costante e progressiva esperienza nel "conoscere" Lui; in Marco 4:13, "Non conoscete (oida) questa parabola? E come conoscerete (ginosko) tutte le parabole?" (RV), cioè, "Non conoscete questa parabola? Come verrete a comprendere tutte …" dichiarando così che la prima parabola serve a mettere alla prova; (b) mentre ginosko implica frequentemente una relazione attiva fra colui che "conosce" e la persona o la cosa "conosciuta" (vedere n° 1 sopra), oida esprime il fatto che l’oggetto è pervenuto semplicemente nell’ambito della comprensione del "conoscitore"; quindi in Matteo 7:23 "Non vi ho mai conosciuti" (ginosko) suggerisce "Non sono mai pervenuto in una relazione approvata con voi", mentre in Matteo 25:12 "Non vi conosco" (oida) suggerisce "non avete avuto nessuna relazione con Me".

A-3, epiginosko, [verbo. 1921]

Denota (a) "osservare, comprendere pienamente, notare attentamente, discernere, riconoscere" (epi, "sopra" e n° 1); suggerisce generalmente una comprensione diretta dell’oggetto "conosciuto" in maniera più speciale di quanto indichi il n° 1; può suggerire anche "conoscenza" avanzata o speciale apprezzamento; quindi, in Romani 1:32, "conoscere il giusto decreto di Dio" (epiginosko) significa "conoscere molto bene", mentre in Rom. 1:21 "conoscere Dio" (ginosko) suggerisce semplicemente che essi non possono evitare la conoscenza.

Talvolta epiginosko implica una speciale partecipazione nell’oggetto "conosciuto" e dà maggior peso a quanto è dichiarato; quindi in Giov. 8:32 "conoscerete la verità" viene usato ginosko, mentre in 1 Tim. 4:3 "quelli che hanno fede e conoscono la verità", epiginosko mette in risalto partecipazione nella verità. Confrontate l’affermazione più vigorosa contenuta in Col. 1:6 (epiginosko) con quella contenuta in 2 Cor. 8:9 (ginosko), e i due verbi usati in 1 Cor. 13:12, "ora io conosco parzialmente (ginosko); ma allora conoscerò (epiginosko) accuratamente come sono anche accuratamente conosciuto (epiginosko)", "una conoscenza che unisce perfettamente il soggetto all’oggetto; (b) "scoprire, accertare, determinare", per es. Luca 7:37; 23:7; Atti 9:30; 19:34; 22:29; 28:1; in Atti 24:11 i migliori manoscritti usano questo verbo anziché il n° 1; quindi la RV, "acquistare conoscenza". J. Armitage Robinson (in Efesini) mette in risalto che epignosis è "conoscenza diretta di un particolare oggetto, percezione, discernimento", mentre gnosis è conoscenza in senso astratto. Vedete RICONOSCIMENTO.

A-4, proginosko, [verbo, 4267]

"conoscere anticipatamente" esprime (a) "preconoscenza" divina in relazione a quelli che hanno fede, Rom. 8:29; a Israele, Rom. 11:2; a Cristo come Agnello di Dio, 1Pietro 1:20, RV, "preconosciuto" (AV, "preordinato"); (b) di "conoscenza" umana anticipata, di una persona, Atti 26:5, RV, "che hanno conoscenza di" (AV, "che conoscono"); di fatti, 2 Pietro 3:17. Vedete PRECONOSCERE.

A-5, epistamai, [verbo, 1987]

"conoscere, sapere di, capire" (probabilmente un’arcaica forma intermedia di ephistemi, "porre sopra"), usato in Marco 14:68, "capire", che segue oida "Non lo conosco (né) capisco"; il più frequente in Atti 10:28; 15:7; 18:25; 19:15, 25; 20;18; 22:19; 24:10; 26:26; altrove, 1 Tim.6:4; Ebrei 11:8; Giac. 4:14; Giuda 1:10. Vedete CAPIRE.

A-6, sunoida, [verbo, 4923]

Sun, "con", e n° 2, un tempo perfetto con significato di presente, denota (a) "condividere la conoscenza di, essere edotto di", Atti 5:2; (b) "essere consapevole di", specialmente nel senso di consapevolezza colpevole, 1 Cor. 4:4, "Non mi rendo conto di nulla contro (AV, da) me stesso". Il verbo è connesso a suneidon, riportato in Atti 12:12; 14:6 (nei testi migliori). Vedete CONSIDERARE, EDOTTO, CONSAPEVOLE

A-7, agnoeo, [verbo, 50]

"non conoscere, essere ignorante:" Vedete IGNORANTE

A-8, gnorizo, [verbo, 1107]

Significa (a) "venire a conoscere, scoprire, conoscere" Fil. 1:22, "Non conosco", cioè, "Non sono venuto a conoscere" (la RV, margine, lo rende come sotto (b), "Non lo faccio conoscere"); (b) "fare conoscere" sia (I) comunicando cose "precedentemente sconosciute", Luca 2:15, 17; in quest’ultimo alcuni manoscritti hanno il verbo diagnorizo (quindi la AV, "fatto conoscere fuori)"; Giov. 15:15 "Io ho fatto conoscere"; 17:26; Atti 2:28; 7:13 (prima parte), vedete nota (3) sotto; Rom. 9:22, 23; 16:26 (voce passiva); 2 Cor.8:1, "(vi) facciamo conoscere", RV, AV, "Noi (vi) facciamo sapere"; Ef. 1:9; 3:3, 5, 10 (tutti e tre nella voce passiva); 6:19, 21; Col. 1:27; 4:7, 9, "farà sapere"(AV, "dichiarerà");

Pietro 1:16; o (II) riaffermando cose già "conosciute", 1 Cor. 12:3, "(Vi) faccio conoscere" (l’apostolo riafferma ciò che essi conoscono); 1 Cor. 15:1, del Vangelo; Gal. 1:11 (egli rammenta loro ciò che essi ben conoscono, il motivo della rivendicazione del suo apostolato); Fil. 4:6 (voce passiva), richieste rese note a Dio. Vedete ATTESTARE, DICHIARARE (Nota), COMPRENDERE, SAPERE, CONOSCERE.

Note: (1) In 2 Tim. 3:10, AV, parakoloutheo, "seguire strettamente, seguire come uno standard di condotta", è tradotto "hai pienamente conosciuto" (RV, seguisti"). Vedete SEGUIRE. (2) In 2 Tim. 4:17, AV, plerophoreo, "compiere, adempiere", è tradotto "potesse essere conosciuto pienamente" (RV, "potesse essere proclamato pienamente"): Vedete ADEMPIERE. (3) In Atti 7:13, alcuni manoscritti hanno il verbo anagnorizo, "farsi conoscere", "fu fatto conoscere" anziché il n° 8 (che vedete). (4) In Atti 7:13 (seconda parte) la AV, "fu fatto conoscere" traduce la frase phaneros ginomai, "divenire manifesto" (RV, "divenne manifesto"). Vedete MANIFESTO. (5) Per diagnorizo, "fare conoscere", in Luca 2:17, vedete il n° 8. (6) Per diagnosko, in Atti 24:22, "Conoscerò l’ultimo di",. Vedete DETERMINARE, n° 5.

B-1, gnostos, [aggettivo, 1110]

Una tarda forma di gnostos (dal n° 1) denota più frequentemente "conosciuto"; è usato dieci volte in Atti, sempre con quel significato (salvo che in Atti 4:16, dove significa "notevole"); due volte in Giovanni 18:15, 16; in Luca 2:44; 23:49 denota "conoscenza"; altrove solo in Rom. 1:19, "(quello che) si può conoscere (di Dio)", letteralmente "il conoscibile di Dio", riferito all’universo fisico, della cui creazione Dio si è reso "conoscibile", cioè mediante l’esercizio delle naturali facoltà umane, senza le rivelazioni soprannaturali come quelle date ad Israele. Vedete CONOSCENTE.

B-2, phaneros, [aggettivo, 5318]

"visibile, manifesto", è tradotto "conosciuto" in Matteo 12:16; Marco 3:12.

Vedete APPARIRE, MANIFESTO, APERTAMENTE, ESTERIORMENTE.

B-3, epistemon, [aggettivo, 1990]

Simile ad A, n° 5, "che conosce, capace", è usato in Giacomo 3:13, AV, "dotato di conoscenza"

(RV, "che capisce").

B-4, agnostos, [aggettivo, 57]

Il negativo del n° 1, "sconosciuto", è riportato in Atti 17:23.

C-1, gnosis, [sostantivo, 1108]

Primariamente "una ricerca del sapere, un’inchiesta, un’investigazione" (simile ad A n° 1), denota nel NT "conoscenza", specialmente di verità spirituale; è usato (a) in senso assoluto, in Luca 11:52; Rom. 2:20; 15:14; 1 Cor. 1:5; 8:1 (due volte), 7, 10, 11; 13:2, 8; 14:6; 2 Cor. 6:6; 8:7; 11:6; Ef. 3:19; Col. 2:3; 1 Pietro 3:7; 2 Pietro 1:5, 6; (b) con un oggetto: riguardo a (1) Dio, 2 Cor. 2:14; 10:5; (2) la gloria di Dio, 2 Cor.4:6; (3) Cristo Gesù, Fil. 3:8; 2 Pietro 3:18; (4) salvezza, Luca 1:77; (c) soggettivamente, "conoscenza" di Dio, Rom. 11:33; la parola di "conoscenza", 1 Cor. 12:8; la falsamente chiamata "conoscenza", 1 Tim. 6:20.

C-2, epignosis, [sostantivo, 1922]

Simile ad A, n° 3, denota "conoscenza esatta o completa, discernimento, riconoscimento", ed è una forma rafforzata del n° 1, esprimente una "conoscenza" completa o più completa, una maggiore partecipazione dell’oggetto "conosciuto" da parte del "conoscitore", con una maggiore influenza su lui. Non è presente nei Vangeli né negli Atti. Paolo lo usa 15 volte (16 se si include Ebrei 10:26) fuori di 20 avvenimenti; Pietro 4 volte, tutte nella sua seconda epistola. Epignosis usato in Rom. 1:28 contrasta col verbo semplice usato in Rom. 1:21. "In tutte le quattro epistole della prima prigionia romana è un elemento contenuto nella preghiera di apertura dell’apostolo per il benessere dei suoi corrispondenti, Fil. 1:9; Ef. 1:17; Col. 1:9; Filem. 1:6" (Lightfoot). E’ usato con riferimento a Dio in Rom.1:28; 10:2; Ef.1:17; Col.1:10; 2 Pietro 1:3; a Dio e a Cristo, 2 Pietro 1:2; a Cristo, Ef. 4:13; 2 Pietro 1:8; 2:20; alla volontà del Signore, Col. 1:9; a ogni cosa buona, Filem. 1:6, RV (AV, "riconoscimento"); alla verità, 1Tim. 2:4; 2 Tim. 2:25, RV; 3:7; Tito 1:1, RV; al mistero di Dio. Col. 2:2, RV, "(che essi) possano conoscere" (AV, "al riconoscimento di"), letteralmente, "dentro una completa conoscenza". E’ usato senza la menzione di un oggetto in Fil. 1:9; Col. 3:10, RV, "(rinnovato) alla conoscenza". Vedete RICONOSCIMENTO.

C-3, agnosia, [sostantivo, 56]

La negazione del n° 1, "ignoranza", è reso "non conoscenza" in ! Cor. 15:34, RV (AV, "la non conoscenza"; in 1 Pietro 2:15, ignoranza. Vedete IGNORANZA.

Nota: In Ef. 3:4, AV, sunesis, "comprensione", è tradotto "conoscenza"; RV, "comprensione". Per kardiognostes vedete CUORE (conoscere il).

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Questa pagina fa parte del Telling the Truth Project. [Progetto Dire la Verità]

 

"GINOSKO" … significa assimilare conoscenza, venire a conoscere, comprendere, o comprendere pienamente"

A Manual Greek Lexicon of the New Testament by G. Abbott-Smith [Lessico manuale del greco del NT]

dice "assimilare conoscenza, venire a conoscere, riconoscere, percepire, comprendere …Della conoscenza di cose divine, di Dio e di Cristo … Giov. 17:3"

Il verbo greco GINOSKO denota l’atto del conoscere mediante esperienza. Venire a conoscere il nostro Creatore e il Figlio suo in perenne continuità, come nell’arco di una vita in cui si conosce realmente un amico o un parente. E il solo modo in cui possiamo pervenire alla conoscenza del nostro Dio è quello di praticare uno studio assiduo ed approfondito della sua parola.

 

EFESINI 6:4

"E voi, padri, non irritate i vostri figli, ma continuate ad allevarli nella disciplina e nella norma mentale di Geova"

TNM

Oppositori dei testimoni di Geova li accusano di usare tecniche di controllo mentale nel "reclutare" e nel custodire "reclute" specialmente alla luce dell’espressione "norma mentale" contenuta nel testo riportato sopra. Gli oppositori contestano tale traduzione, asserendo che essa serva di pretesto ai TdG per manipolare i loro figli. E’ questa l’interpretazione che i TdG danno a questo testo? E’ ragionevole tradurlo così?

Vorrete notare che cosa dice di questa parola il Vines Expository Dictionary of the New Testament Words. [Dizionario esplicativo di Vines delle parole del NT]

Sostantivo: "nouthesia" (nouqetew, 3559), letteralmente, "un porre in mente" (nous, "mente", tithemi, "porre"), è usato in 1 Cor. 10:11, soddisfacendo il proposito delle Scritture amministrato, come in Ef. 6:4, dal Signore";

Verbo:- "noutheteo … E’ usato (a) per istruzione, (b) per avvertimento"

Notate in quali modi differenti questo passo è tradotto da altre versioni:-

"allevali nell’educazione e nell’ammonizione del Signore" (KJV)

"allevali con disciplina e istruzione cristiane" (TEV)

"allevali con l’amorevole disciplina che il Signore stesso approva" (LB)

"allevali nell’addestramento e nell’istruzione del Signore" (NIV)

"allevali con insegnamento cristiano nella disciplina cristiana" (PME)

"allevandoli nella correzione e nella guida impartita dal Signore" (JB)

"allevali nella disciplina e nell’istruzione del Signore" (RSV)

"da’ loro istruzione e correzione con un’educazione cristiana" (NEV)

Come possiamo notare, questo passo è tradotto in modo differente da alcune delle traduzioni più popolari. Noi (TdG) non facciamo obiezione a nessuna di queste traduzioni.

Così i TdG sono incoraggiati ad accettare il "controllo mentale" che un’organizzazione dice loro di impartire ai loro figli? Vorrete prendere nota delle seguenti citazioni.

 

***g74 22/7 8 Come potete aiutare i vostri figli? ***

Il Theological Dictionary of the New Testament commenta la forma verbale della parola greca resa norma mentale:
"Descrive l’effetto sulla volontà e sulla disposizione, e presuppone opposizione a ciò che si deve superare. Cerca di correggere la mente, di raddrizzare ciò che è errato, di migliorare l’attitudine spirituale. . . . Non significa ‘punire’, ma con la parola . . . fare in modo che la forza della consapevolezza morale abbia il sopravvento sugli uomini e li induca a pentirsi e vergognarsi, così che la punizione è superflua".

 

*** g81 22/10 11-12 Cosa possono fare i genitori per aiutare i figli? ***
A che età il bambino sviluppa il senso del bene e del male?

Da solo, forse non lo svilupperà mai. La Bibbia indica che il bambino ‘non sa rigettare il male e scegliere il bene’. — Isa. 7:16.

Come ammaestrare il bambino a questo riguardo?

Bisogna toccargli il cuore. Deve sviluppare il proprio interiore motivo per "rigettare il male e scegliere il bene". Se no, può semplicemente imparare con scaltrezza a star fuori dai guai. Quindi oltre a ‘disciplinare’ i figli, i genitori devono ‘allevarli nella norma mentale di Geova’. — Efes. 6:4, Traduzione del Nuovo Mondo, ediz. inglese del 1971.

A tal fine è necessario mettere nella mente del fanciullo informazioni che tocchino il suo cuore. Devono spingerlo a seguire la via giusta e metterlo in guardia contro futuri pericoli. L’espressione biblica "norma mentale" include "qualsiasi cosa necessaria per far capire l’ammonimento, per farlo prendere a cuore".

 

*** w96 1/12 11 Genitori, provate diletto nei vostri figli ***
Dare risalto alle parole di Geova

4 L’espressione "norma mentale di Geova" pone l’accento sul conformare il proprio modo di pensare alla volontà di Geova. I genitori, quindi, devono inculcare nella mente dei loro piccoli il pensiero di Geova sulle cose. E devono imitare l’esempio di Dio anche provvedendo compassionevole disciplina, o addestramento correttivo. (Salmo 103:10, 11; Proverbi 3:11, 12)

Questa norma mentale consiste nell’instillare nei nostri figli i principi biblici, l’amore e il desiderio di piacere al nostro Creatore, non il controllo mentale da parte di un’organizzazione.

La maggior parte del materiale esposto qui sotto è riportato dal siti web "Trinity Exposed". [Trinità esposta ]

Ho aggiunto sia le mie personali ricerche che le domande preventive da parte di trinitari.

 

COLOSSESI 1: 15, 16, 17, 18

 

"15 Egli è l’immagine dell’invisibile Iddio, il primogenito di tutta la creazione; 16 perché per mezzo di lui tutte le [altre] cose furono create nei cieli e sulla terra, le cose visibili e le cose invisibili, siano essi troni o signorie o governi o autorità. Tutte le [altre] cose sono state create per mezzo di lui e per lui. 17 Ed egli è prima di tutte le [altre] cose e per mezzo di lui tutte le [altre] cose furono fatte esistere, 18 ed egli è il capo del corpo, la congregazione. Egli è il principio, il primogenito dai morti, affinché divenga colui che è primo in tutte le cose". (TNM)

Questi versetti hanno incontrato molta contestazione da parte di molti, i quali ritengono che il comitato della TNM abbia applicato la sua teologia personale nell’inserire [altre] nel testo. Tali oppositori credono che Gesù sia Dio, (o a Lui uguale) poiché ritengono che questi versetti (senza la parola [altre]) ci diano i seguenti insegnamenti:

  1. Gesù è il solo che ha creato tutte le cose. I trinitari affermano che l’inserimento di [altre] nella TNM sminuisce il fatto che Gesù sia il creatore di TUTTE le cose, sminuendo così la sua gloria e ponendolo sul livello delle cose create!

2. Gesù è definito il primogenito. Significa che egli è "preminente", che sta su tutta la creazione, ma che non fa parte della creazione.

Gesù è Geova? I pensieri esposti sopra sono corretti?

In primo luogo faremo bene a esaminare il contesto delle parole di Paolo per poter pervenire a un corretto intendimento. Cominciando da Colossesi 1:12-15, leggiamo: "12 ringraziando il Padre che vi ha messi in grado di partecipare all’eredità dei santi nella luce.

13 Egli (il Padre) ci ha liberati (i discepoli) dall’autorità delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore (del Padre), 14 mediante il quale abbiamo la nostra liberazione per riscatto, il perdono dei nostri peccati. 15 Egli (il Figlio, perciò Gesù) è l’immagine dell’invisibile Iddio, il primogenito di tutta la creazione;

(Le parole fra parentesi sono state aggiunte da me)

E’ ragionevole dedurre da questi versetti che il Padre ha la responsabilità di porre i discepoli sotto la direttiva o il dominio di Gesù, il "Figlio del suo amore [del Padre]"? Quindi si può dire che il contesto addita il Padre e le opere che compie verso i discepoli del primo secolo (la congregazione degli unti)? Io ritengo questa deduzione ragionevole, specialmente alla luce di quello che Paolo afferma additandoci questo "Figlio del suo amore [del Padre]". Egli ci dice al versetto 15 che Gesù è l’immagine (greco:eikon) dell’invisibile Dio, il primogenito di tutta (greco:protokos pases) la creazione (greco:kùseos). Guardiamo a ciascuna di queste due descrizioni di Gesù prima di passare al versetto 16. (GNo = indice numerico del greco di Strong)

  1. Gesù è l’immagine (eikon) dell’invisibile Iddio. La parola greca eikon conforme al significato dell’indice di Strong (Gno. 1504): "una similitudine, cioè (letteralmente) statua, profilo, o (figurativamente) rappresentazione, somiglianza:-immagine". Questa parola eikon deriva da eiko (Gno. 1503) "apparire, un verbo primario [forse simile a 1502 attraverso il concetto di debolezza come copia]; assomigliare:- essere simile" (il neretto è mio)
  2. Notate un’altra descrizione di Gesù in Ebrei 1:3 in cui è definito "l’esatta immagine" (KJV) di Dio.

    La parola corrispondente a "esatta immagine" è la parola charakter, (Gno. 5481 di Ebrei 1:3 che significa "…bulino o incisore (arnese o persona) cioè (implicitamente) incisione (["carattere"], la figura impressa, cioè una copia esatta o [figurativamente] rappresentazione):- immagine esatta". Per completare il ragionamento, fare l’impronta di uno stampo. NON è lo stampo, ma piuttosto il "vaso" o "timbro di creta" che reca l’impronta (la figura impressa). Se fatta accuratamente, l’impronta sarebbe una copia o rappresentazione esatta, non è vero?

    Il dizionario esplicativo completo di Vines nel trattare la parola immagine fa notare una stretta relazione tra eikon e charakter. (Pensate alle parole italiane che derivano da queste due: icona e carattere e al significato che diamo loro). Tuttavia io penso che Vines faccia un’affermazione e un’ipotesi ardite nel dire "Nel NT è usata metaforicamente in Ebrei 1:3 riguardo al Figlio di Dio come ‘l’esatta immagine (marginalmente, l’impronta) della Sua sostanza’ RV. La frase esprime il fatto che il Figlio è nello stesso tempo personalità distinta da Lui, e tuttavia letteralmente uguale a Colui della cui essenza Egli è l’adeguata impronta (Liddon)".

    Dal mio punto di vista, quel tipo di concetto (che è in sintonia con coloro che credono che Gesù sia Dio) sta interpretando le Scritture con una propria "teologia" o "dottrina" tanto quanto si presume che faccia la TNM. I commenti con aderenti al testo non danno al lettore un fondamento che supporti il loro concetto, ma l’impressione come di un fatto che riguardi ciò che lo scrittore afferma.

    La TNM è accusata di inserire nel testo parole e concetti conformi a quello che crede il comitato traduttori TNM, tuttavia io constato che la TNM è onesta e non interpreta queste parole con concetti personali. Voi come la pensate?

    Io noto che Paolo porti alla nostra attenzione che Gesù NON è l’originale, ma piuttosto una copia, un riflesso o una somiglianza dell’invisibile Iddio. Egli NON è l’invisibile Dio Onnipotente, ma il riflesso dell’invisibile Dio Onnipotente. Possiamo vederlo simile come riflesso dentro uno specchio. Quando vi guardate dentro uno specchio, vedete il vostro riflesso o una copia di voi stessi. Nessuna persona ragionevole direbbe che l’attuale riflesso nello specchio sia "letteralmente" voi. Perché voi siete quelli che vi guardate nello specchio. Quello che proviene dallo specchio è il vostro riflesso. La stessa cosa vale per Gesù. Egli NON è l’invisibile Iddio, ma il suo riflesso o copia dell’invisibile Iddio. Gesù quindi è il riflesso o l’immagine, NON l’Origine. Perciò Gesù NON è Dio.

  3. Gesù è il "primogenito della" creazione. Ora qualcuno afferma che, se Paolo avesse inteso [Gesù] creato per primo, avrebbe usato il termine "protoktistos", che in greco significa creato per primo. Greg Stafford (nel suo libro Jehovah’s Witnesses Defended [Apologia dei testimoni di Geova] page 92) riferisce che quest’espressione non entrò nell’uso popolare prima del secondo secolo o della prima parte del terzo E.V. Egli dà ampi dettagli inerenti l’uso del termine e la sua collocazione nei primi manoscritti greci. Paolo intendeva usare realmente il termine Creato per primo? Considerate quanto segue.

Alcuni vogliono sostenere che "la parola primogenito, come è usata nella Bibbia, non sempre significa letteralmente colui che fu generato o creato", e questo è vero, e siamo d’accordo. Davide fu chiamato da Geova "mio primogenito" nel Salmo 89:27. Tuttavia Davide non fu letteralmente il primogenito della famiglia di Jesse; in realtà era l’ultimogenito. Così in qual senso potè essere chiamato primogenito da Geova? Il termine primogenito qui si riferisce alla posizione preminente di dominio e al patto per un regno stipulato [da Dio] con lui, per sedere sul trono di Geova, come il primogenito dei discendenti dalla sua linea familiare. Questa scrittura fu adempiuta profeticamente in Gesù come discendente dalla linea di Davide, com’è dichiarato in Giov. 7:42: "Non ha detto la Scrittura che il Cristo viene dalla progenie di Davide e da Betleem, il villaggio dov’era Davide?"

Sulla base di questo, alcuni deducono che il termine "primogenito", com’è tradotto in Col. 1:15, mostri il ruolo di "preminenza" che Gesù avrebbe avuto sulla creazione. Questo concetto è in armonia con quello che afferma Paolo in Col. 1:15? La risposta a cui giungo è NO!

Il termine usato da Paolo qui non era "primogenito", come in Salmo 89:27, ma "primogenito DI". Allora che importanza ha quest’espressione? Il termine "primogenito DI", conforme alla Concordanza di Strong, appare in 34 differenti passi biblici (escluso Col. 1:15 come l’unico passo nella JKV NT). Ogni singolo caso in cui viene usato mostra che (il soggetto) menzionato si trova nella classe o nel gruppo di quelli menzionati. Guardiamo pochi esempi di questo. In Esodo 11:5 leggiamo:" … dal primogenito di Faraone che siede sul suo trono al primogenito della serva che è alla macina a mano e a ogni primogenito di bestia".

Qui vediamo che quelli che sono chiamati "primogeniti" sono membri della classe o del gruppo che viene immediatamente menzionato, cioè: "il primogenito di Faraone","... era della casa di Faraone..."il primogenito della serva, "…era una schiava, o serva…"il primogenito della bestia" … era una bestia. Quindi tutti questi menzionati come "primogeniti DI" erano membri della classe o del gruppo menzionati nel testo.

Allora significa, come ha detto qualcuno, che Gesù avrebbe dovuto essere chiamato il primogenito di Geova? Poiché se egli è il "primogenito di ogni creatura" (JKV), dovremmo concludere che "la creazione generò Gesù", dato che Faraone "generò il suo primogenito?

Ebbene, che cosa intese dire Paolo? Egli chiamò Gesù "prototokos pases ktiseos", "il primogenito di tutta la creazione". (TNM) Paolo scrisse queste parole ispirate nel caso grammaticale chiamato genitivo partitivo. Il Manuale di grammatica greca del NT a pag. 79 indica "un sostantivo [nel caso di Col. 1:15 sarebbe prototokos o primogenito] potrebbe essere definito, indicando nel genitivo [in Col. 1:15 sarebbe pases ktiseos o di tutta la creazione] l’intera [creazione] della quale egli [primogenito] è parte". Quindi, conformemente al Thayer’s Greek Lexicon [Lessico greco di Thayer] a pag. 555", [Gesù] … venne all’esistenza mediante Dio prima dell’intero universo di cose create".

Pertanto, questo termine "primogenito di" non indica un soggetto generato da qualcuno, ma piuttosto un soggetto che fa parte di una classe o un gruppo ai quali esso appartiene!

Sì, Gesù si trova certamente nel gruppo di quelli che furono creati. (Prov. 8:22; Giov. 3:16) Tuttavia, la sua creazione è molto unica com’è evidente dall’espressione usata da Paolo "il primogenito di tutta la creazione". Che cosa ci dice esattamente questo?

Guardiamo Col. 1:18 "ed egli è il capo del corpo, la congregazione. Egli è il principio, il primogenito dai morti, affinché divenga colui che è primo in tutte le cose".

Notate qui che Gesù è chiamato il "primogenito dai morti". Come può essere vero dal momento che sia Gesù che altri profeti di Dio risuscitarono dei morti? Sì, proprio così! Pertanto quest’espressione applicata a Gesù indica il tipo di risurrezione da lui avuta. La sua risurrezione doveva essere unica in sintonia col termine "primogenito dai morti" applicato a lui. Ma in quale modo? La Bibbia indica due modi in cui Gesù merita il titolo di "primogenito dai morti".

Primo: Galati 1:1 dice: "Paolo, apostolo, né da parte degli uomini né per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre, che lo destò dai morti". Pietro dice in Atti 5:30: "L’Iddio dei nostri antenati ha destato Gesù, che voi avete ucciso, appendendolo a un palo". (TNM)

Sì, fu Dio il Padre medesimo che risuscitò Gesù direttamente. Rammentate le parole di Gesù in Giov. 5:28, 29: "Non vi meravigliate di questo, perché l’ora viene in cui tutti quelli che sono nelle tombe commemorative udranno la sua voce e ne verranno fuori".

Sì, quando i morti saranno risuscitati nel futuro, saranno destati perché avranno udito la voce di Gesù. (Vedete 1 Tess. 4:16 sotto) Pertanto, tutte le risurrezioni che sarebbero avvenute dal giorno della morte di Gesù in poi, sarebbero state compiute mediante Gesù Cristo. Mentre Gesù fu risuscitato direttamente dal Padre. Pertanto, è in questo senso che è appropriato definire Gesù il primogenito dai morti. Comunque è pure in un altro senso che Gesù merita questo titolo.

Secondo: Gesù disse ai suoi discepoli che dove lui fosse stato, sarebbero stati anche loro. Giov. 14:3 dichiara: " E, se sarò andato e vi avrò preparato un luogo, verrò di nuovo e vi riceverò a casa presso di me, affinché dove sono io siate anche voi". Sì, proprio come Gesù fu risuscitato ai cieli, lo sarebbero stati anche i suoi discepoli. Notate che Gesù disse: "Verrò di nuovo e vi riceverò a casa presso di me". Sì, Gesù era colui che avrebbe risuscitato quelli che sarebbero stati in cielo con lui. Questo ci è reso più chiaro in 1 Tess. 4:16, dove leggiamo: "perché il Signore stesso scenderà dal cielo con una chiamata di comando, con voce di arcangelo e con tromba di Dio, e quelli che sono morti unitamente a Cristo sorgeranno per primi".

Sì, Gesù fu il primogenito dai morti per salire al cielo. Altri lo avrebbero seguito. Gesù, come notiamo dalle parole di Paolo più sopra, scenderà e i morti udranno la sua voce, e quelli che sono uniti a lui (Rom. 8:15, 16) saranno risuscitati ai cieli. Altri, come dichiara Giov. 5:28, saranno pure risuscitati da Gesù su una gloriosa nuova terra. (Salmo 37:11, 29; Matteo 5:5; 2 Pietro 3:13; Riv. 21:3, 4)

Quindi per capire pienamente ciò che l’apostolo Paolo intese dire col termine "primogenito di tutta la creazione", dobbiamo riprendere la discussione su Col. 1:16. E’ Gesù il creatore di tutte le cose e l’inserimento della parola [altre] è appropriato? Innanzitutto notiamo dalla conclusione del versetto 16: "Tutte le [altre] cose sono state create per mezzo di lui e per lui". Notate qui che Gesù è colui "mediante il quale tutte le [altre] cose furono create". La parola greca tradotta "mediante" è dia. In questo versetto, dia significa: "canale di un’azione, agenzia, mezzo". Sì, Gesù fu il "mezzo mediante il quale" la creazione venne all’esistenza.

Notate pure che questa creazione venne all’esistenza "per" lui. Chi fece questo "per lui"? Paolo ce lo rivela in Ebrei 1:1, 2: "Dio, che anticamente parlò in molte occasioni e in molti modi ai nostri antenati per mezzo dei profeti, alla fine di questi giorni ha parlato a noi per mezzo di un Figlio che ha costituito erede di tutte le cose e mediante il quale fece i sistemi di cose".

Sì, fu proprio il Dio e Padre di Gesù, Geova (Michea 5:4) che creò il sistema di cose mediante suo Figlio che stava con lui nei cieli! (Prov. 30:4; 8:22, 30; Gen:1:26)

Ma è appropriato inserire la parola [altre] nel testo di Col. 1:16, 17? Ebbene, come abbiamo già assodato, è stato Geova, il Padre, l’autore della creazione. Gesù fu del Padre il mezzo o lo strumento o il canale mediante il quale la Sua creazione venne all’esistenza. Com’è stato già dimostrato sopra, il Padre è stato responsabile della chiamata dei discepoli sotto il dominio o regno di Gesù, il "Figlio del suo amore [del Padre]". Pertanto il contesto di Col.1:15, 16 ci addita il Padre.

Allora, se NON dovessimo aggiungere la parola [altre] nel testo, quale significato ne deriverebbe? Ebbene, se Gesù avesse creato TUTTE LE COSE CHE ERANO NEI CIELI, saremmo costretti ad affermare che Gesù avrebbe creato suo Padre, dato che suo Padre sta nei cieli! E il contesto indica che il Padre mandò suo Figlio. E il Padre molto certamente è una "cosa". Webster definisce la parola "cosa" così: "riferito a entità, individuo, oggetto tangibile, persona". Sì, tutte le cose nei cieli includono il Padre, che concordemente ai trinitari E’ una persona. Allora dovremmo immaginarci che Gesù creò il Padre? Tuttavia la Bibbia insegna che il Padre è il Re d’eternità in 1 Tim.1:17. Chi è in tale posizione non può essere una cosa creata! Pertanto E’ ASSOLUTAMENTE NECESSARIO che la parola [altre] vengano inserite nel testo onde evitare confusione su questo argomento. Comunque, come andremo a vedere, questa non è l’unica ragione che rende appropriato l’inserimento della parola [altre].

Facendo pausa un momento, andiamo ad esaminare ciò che alcuni hanno affermato erroneamente. Qualcuno dice che Paolo potesse aver usato in questo testo un’altra parola., se avesse voluto dire che Gesù fu "esattamente una creatura". Ebbene, molto semplicemente, questo NON è quello che Paolo volle dire in questo testo! Questo NON è il senso che Paolo vuol trasmettere del versetto. Perciò, quelli che sostengono questo, non hanno nemmeno compreso il versetto nella prima parte. Poiché Paolo rivelò al versetto 15 che la creazione di Gesù era unica. Il concetto di Paolo era che Geova aveva creato il Figlio suo Gesù direttamente, e che di conseguenza gli competeva il titolo di "primogenito di tutta la creazione". Lo troviamo confermato in Giov. 3:16: "l’unigenito Figlio". La creazione di Gesù era un tipo differente di creazione, nella quale NON era stato usato alcun "canale" o "mezzo" mediante cui Gesù potesse venire all’esistenza, poiché fu l’unica entità creata direttamente da Geova. Tutte le [altre] creazioni erano differenti tipi di creazioni, essendo venute tutte all’esistenza mediante Gesù quale "canale" o "mezzo mediante il quale" esse poterono venire all’esistenza. Sì, queste [altre] cose erano tutte differenti in quanto create MEDIANTE Gesù. Questo è il motivo per cui Gesù è chiamato "prototokos" [primogenito] di tutta la creazione, o ‘monogenes’ di Dio, ‘il suo unigenito’.

Quindi, per quanto riguarda queste [altre] cose, Gesù è il mezzo mediante il quale esse furono portate dal Padre all’esistenza. Comunque c’è da smentire anche altri che erroneamente sostengono che Dio creò Gesù, dopo di che Gesù creò tutte le altre cose! Proseguiamo la nostra discussione.

La traduzione di ebraico, aramaico e greco in altre lingue, come per es. l’italiano, è un compito terrificante. I comitati di traduttori biblici devono confrontarsi duramente con l’importantissimo compito di trasferire da una lingua in un’altra tutta la forza, il senso e la fragranza del testo originale. Devono farsi guidare da un’onesta coscienza per evitare di distorcere la traduzione con vedute preconcette. L’esatto significato delle parole della lingua originale dipende spesso dagli specifici casi grammaticali in cui sono scritte o dai determinati punti del testo in cui sono collocate. Comunque, quando si traducono in un’altra lingua che non usa gli stessi schemi, si è costretti ad inserire nell’altra lingua parole che trasmettano la piena fragranza e l’intendimento della parola originale.

Considerate Atti 5:29: "In risposta, Pietro e gli [altri] (anche KJV, TEV e NIV inseriscono la parola "altri") apostoli dissero: "Dobbiamo ubbidire a Dio come governante anziché agli uomini". Se NON aggiungessimo la parola [altri] nel testo, (come fanno la Versione del Re Giacomo ed altre), Pietro NON verrebbe considerato uno degli apostoli! Living Bible, Phillips, Gerusalemme e RSV traducono "… Pietro e gli apostoli…", la NEB "Pietro rispose per sé e gli apostoli". Queste versioni escludono Pietro dal gruppo degli apostoli, non vi pare?

Un altro esempio lo troviamo in Col. 1:20, dove leggiamo: "e per mezzo di lui riconciliare di nuovo con sé tutte le [altre] cose facendo la pace mediante il sangue [che egli sparse] sul palo di tortura, siano esse le cose sulla terra o le cose nei cieli".

Qui notiamo che, se omettiamo l’inserimento della parola [altre], Paolo direbbe che il Padre riconcilierà a sé TUTTE le cose nei cieli e sulla terra mediante Gesù. In questo caso, poiché Gesù era in cielo, come anche Satana e i demoni, al tempo in cui Paolo scrisse questa lettera, ovviamente non verrebbe incluso anche Gesù? Perché Gesù avrebbe bisogno di essere riconciliato con Dio? Assolutamente NO! In quanto a Satana e ai demoni, devono essere "riconciliati" con Dio? NO! Pertanto l’inserimento della parola [altre] è assolutamente necessario per impartire un corretto intendimento del testo.

Vorrete notare pure le parole [egli versò] inserite nella TNM. La versione interlineare di Benjamin Wilson traduce questo versetto "il sangue della croce". La JKV e la RSV dicono "il sangue della sua croce". Come possiamo notare, la JKV e la RSV sono aderenti al testo greco originale. Altre traduzioni tentano di trasmettere al lettore un senso più pieno del versetto… TEV traduce "mediante la morte di suo figlio sulla croce" … LB dice "la morte di Cristo sulla croce" … La Phillips dice "in virtù della morte di Cristo" … e la JB dice "per mezzo della sua morte sulla croce". La NIV inserisce "…versato …" "mediante il suo sangue versato sulla croce" … e la NEB "…il versamento del suo sangue".

Un altro passo dove vediamo la necessità d’inserire delle parole per salvare il significato originale del testo biblico lo troviamo in Giov. 1:11, dove leggiamo: "E’ venuto nella propria casa, ma i suoi non l’hanno ricevuto". LB "perfino nella sua propria terra e fra il suo popolo". TEV "Egli venne nel suo proprio paese, ma il suo popolo…" Phillips "…il suo proprio mondo …il suo proprio popolo" Gerusalemme "…proprio dominio …proprio popolo…" RSV "…propria casa …proprio popolo" NEB "…proprio reame…"

In questo versetto, le parole casa [o secondo altre traduzioni terra, paese, mondo, dominio, reame] e popolo non si trovano nel testo greco. [KJV "Egli venne fra i suoi, ed essi non lo accolsero" (Similmente in NIV)] L’inserimento delle altre parole è motivato dal caso e dalla struttura della frase in cui si trova "proprio" nel testo greco. (ho idios) Tuttavia, la traduzione richiede l’inserimento delle parole "casa etc." e "popolo" nel testo per trasmettere al lettore la piena fragranza del concetto espresso in greco.

Quindi, l’evidenza delle cose dimostrate ci induce a concludere ragionevolmente che l’inserimento della parole [altre] in Col. 1:16, 17 è assolutamente necessario per trasmettere il corretto intendimento del testo concernente il ruolo di Gesù nel proposito del Padre suo di riconciliare a sé tutte le [altre] cose!

Gesù è certamente il primogenito di tutta la creazione essendo la prima ed unica creazione diretta di Geova. Tutte le [altre] cose create vennero all’esistenza mediante Gesù, il primogenito di Dio. Perciò concludiamo che "tutte le [altre] cose" create furono differenti "tipi" di cose create, essendo state create da Geova "mediante" Gesù, e non "direttamente" da Geova, come nel caso di Gesù, suo "unigenito figlio".

[L’autore di questo testo rimanda al sito web della Watch Tower Bible and Tract Society, http://www.watchtower.org invitando i lettori a fare domande ai TdG con cui vengono a contatto o a scrivere alla sua e-mail: hepburn@picknowl.com.au]

Al tempo in cui questa pagina fu tradotta, l'autore di lingua inglese aggiunse questa precisazione:

"Questa pagina è incompleta e l’amplierò con altre dissertazioni."

Pertanto, il traduttore si riserva di rivisitare il sito dell'autore per controllare eventuali aggiunte e/o modifiche.